SILVANO PEDROLLO HA RICEVUTO IL “FIORE DELLA GRATITUDINE” DA PAPA FRANCESCO

Silvano Pedrollo con papa Francesco

 Il francescano siriano padre Hanna Jallouf, che vive il dramma di un popolo vittima di una guerra infinita; il clochard Gian Piero, detto Wué, che ogni giorno devolve a chi ha ancor meno di lui parte delle elemosine che riceve; Silvano Pedrollo, l’imprenditore veronese che attraverso le pompe prodotte dalla sua azienda di San Bonifacio diffonde in tutto il mondo l’impareggiabile ricchezza dell’acqua.

Queste le tre persone simbolicamente scelte cui Papa Francesco, per i suoi 86 anni, ha offerto – lo scorso17 dicembre, nel palazzo apostolico – il “fiore della gratitudine”: un piccolo mappamondo inserito in un cubo a ricordare che l’amore ci tiene uniti. Il riconoscimento ha inteso premiare così il religioso e i due laici che hanno messo in pratica l’eredità di Madre Teresa di Calcutta, prendersi cura degli ultimi. «È stato un momento molto toccante e sereno, che mi ha riempito di gioia perché il Santo Padre ha esordito dicendo che era una bella giornata poter festeggiare il suo compleanno e ringraziare chi ha fatto proprio il dono della carità.– commenta Pedrollo -. Ho provato un’emozione difficile da descrivere. Ascoltare le parole del Papa è stato come ottenere la conferma che qualsiasi azione, per quanto piccola, finalizzata a migliorare la vita delle persone, non è solo giusta ma necessaria e doverosa».
Ingegner Pedrollo, ci illustri la sua attività verso i Paesi meno fortunati.
«Cerchiamo di alleviare le difficoltà recando l’acqua a chi ne è privo. Un gesto semplice, in apparenza, ma credo che l’opportunità di accedere all’acqua pulita segni il confine tra chi soffre e chi può ritrovare la speranza di un futuro migliore. La chiamano “oro blu”, ed è la descrizione corretta per un gioiello del Creato che non solo permette di far crescere i raccolti, ma rende possibile combattere le malattie, dare un’istruzione ai più piccoli, aprire la strada verso il progresso sociale. La nostra azienda produce elettropompe, che – grazie ai pozzi scavati nei villaggi – portano alla luce l’acqua celata in profondità anche nelle terre più aride. Una volta assicurata l’acqua, possiamo pensare a scuole e ospedali: così la nostra passione per l’innovazione e per i frutti di un lavoro fatto bene ci mette al servizio di una società diversa, più giusta».
Il vostro sguardo non è rivolto solo all’Africa, ma anche ad altri continenti.
«In Africa abbiamo scavato oltre 1300 pozzi e dissetato più di due milioni di persone, ma non c’è angolo di mondo che sia davvero al riparo, al sicuro dal bisogno e da una costante lotta per sopravvivere e progredire. In Asia e in America Latina, ma anche nella stessa Europa le zone d’ombra di moltitudini di poveri confinano con la ricchezza di pochi. Il nostro lavoro ci pone a contatto diretto con le contraddizioni sociali, e non possiamo voltarci dall’altra parte: il dolore del mondo è evidente e ci chiama con una voce silenziosa ma assordante».
Provi a tratteggiare questa sensazione d’ urgenza con due semplici immagini.
«La prima ha come sfondo le terre aride dell’Africa e del Medio Oriente. Un terreno riarso e in apparenza avaro che può dare frutti rigogliosi se riceve anche pochi litri d’acqua. Abbiamo davanti agli occhi un dono che fa fiorire il deserto. All’altro estremo c’è un Paese poverissimo come il Bangladesh, dove l’acqua è presente in abbondanza ma va incanalata e ordinata perché sia davvero utile. Mi chiesero una pompa che li aiutasse a spostare l’acqua da una risaia all’altra, ma erano poveri e per loro era importante che fosse a basso prezzo, che durasse a lungo e che consumasse poco. I miei tecnici progettarono una piccola pompa che alla fine costava come due pizze: ne abbiamo prodotte milioni di esemplari, e oggi il Bangladesh è passato da due a tre raccolti l’anno. Basta poco, ha detto Papa Francesco: “Non è mai solo una semplice beneficenza: per la carità occorre la vicinanza”».
L’innovazione in cui la sua azienda primeggia è alleata della solidarietà?
«Sono assolutamente convinto che un’impresa deve essere competitiva, ma anche consapevole e protagonista del cambiamento. E la nostra competenza nel movimentare l’acqua, per chi crede, è un segno che non va ignorato: il nostro Progetto Acqua si nutre di una tecnologia all’avanguardia che oltre a farci crescere sui mercati contribuisce a portare ai più poveri l’acqua pulita per bere, lavarsi, coltivare e costruire il futuro dei propri figli. Per chi non può pagare il carburante dei generatori, abbiamo adattato alle pompe l’energia solare ed eolica, e in questo modo possiamo anche preservare l’ambiente. E manteniamo i prezzi alla portata dei Paesi più bisognosi, perché sarebbe uno scandalo speculare sui più deboli: l’acqua non è un business».
Accanto all’acqua oggi anche l’energia è un bene sempre più prezioso.
«Anche noi in azienda sentiamo quanto pesa il costo dell’energia, e il rispetto dell’ambiente è un imperativo morale che ci spinge verso l’autosufficienza energetica. Gli impianti fotovoltaici generano fino a 3 megawatt, ricicliamo l’acqua piovana per l’antincendio e per l’uso industriale, abbiamo macchinari a basso consumo e alta efficienza per ridurre gli sprechi, e così facendo i consumi si sono ridotti del 30%. Anche i motori elettrici che muovono le nostre elettropompe consumano dal 20 al 50% in meno, con un netto risparmio per i clienti e un beneficio per il pianeta. Un’impresa armonica è capace di trasformarsi solo se è anche vitale e solidale».
Quindi, per sottolineare il senso profondo del riconoscimento che Papa Francesco le ha assegnato, business e pensiero etico possono convivere.
«Non possono: devono farlo. Lo sviluppo è importante ed è nella natura del nostro lavoro, ma etica e rispetto lo sono altrettanto e oltre a solidi valori richiedono azioni concrete. Come imprenditore so di poter contribuire ad alleviare, almeno in piccola parte, i drammi del mondo: povertà, carestia, sete, malattie e mancanza di istruzione. Non farlo e voltarsi dall’altra parte sarebbe profondamente ingiusto, sottolinea il Santo Padre ogni volta che ci parla di chi è meno fortunato di noi. Credo che negli uomini il bene sia come l’acqua: in profondità c’è sempre ma va fatto emergere, portato in superficie, tra noi. E il successo di un’azienda non si può misurare solo con il profitto, ma anche con il bene donato».

Maria Bertilla Franchetti